Si è conclusa lo scorso 11 febbraio la mostra alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma “Tolkien. uomo, professore, autore” dedicata allo scrittore, filologo, glottoteta e linguista britannico considerato il padre della letteratura fantasy. Un evento che apparentemente fa parte della normale promozione culturale di un Paese ma che ha sollevato molti quesiti: il governo e il partito Fratelli d’Italia di cui la premier è a capo stanno utilizzando politicamente l’autore del Signore degli anelli?
La domanda è quasi retorica e affonda le sue radici in un dibattito che in realtà perdura, sommessamente, da oltre 50 anni. Un dibattito squisitamente italiano, dato che in altri Paesi non ha mai avuto alcuna rilevanza: Tolkien era di Sinistra o di Destra?
Le radici storiche della questione: Campi Hobbit e Raduni della Contea
La prima edizione del Signore degli Anelli di Tolkien è giunta in Italia nel pieno degli Anni di Piombo, quando il Movimento Sociale Italiano era in cerca di un’identità che non lo legasse più a quella fortemente ripudiata del fascismo. La pubblicazione del racconto completo avvenne nel 1970 e la casa editrice Rusconi affidò la prefazione al volume a Elémire Zolla – molto vicino alle ideologie della Nuova Destra – che della storia esaltò lo scontro tra il progresso tecnologico e il potere assoggettatore di un’autorità incorporea e un gruppo di coraggiosi compagni che rappresentavano, ognuno in modo diverso, i valori della tradizione, della purezza, della spiritualità. Ricordiamo inoltre che Tolkien era un fervente cattolico.
Dalla pubblicazione si susseguirono tutta una serie di iniziative, promosse dal Fronte della Gioventù in risposta ai movimenti di piazza della Sinistra, ispirate al racconto di Tolkien; come i “Campi Hobbit” o i “Raduni della Contea”: eventi culturali, sociali e di animazione che prosperarono fino agli inizi degli anni ’90 con l’intento di fare rete fra i giovani militanti “nerd” di Destra. Il richiamo all’ideologia di Tolkien era solo esteriore e poco importava che molto altro della sua poetica venisse tralasciata e non fosse per nulla aderente all’identità di partito.
Con una mossa abile, la Destra si era appropriata di qualcosa che i militanti di Sinistra avevano fortemente rifiutato: la strategia di marketing che aveva portato alla pubblicazione di Tolkien in Italia, infatti, voleva attrarre il pubblico di Sinistra sulla falsa riga di quanto era accaduto negli USA.
Alla prima ristampa era anche stata apposta una fascetta che recitava: “La bibbia degli hippies”. La critica letteraria italiana di allora, però, mal disposta a riferimenti spirituali ed alla mitologia celtica, bocciò immediatamente il libro come “di destra”, “razzista e reazionario”.
Come spiega in un articolo il noto docente di Storia Medievale Franco Cardini: “Negli Usa Tolkien divenne il guru dei ragazzi del Flower Power e dell’Easy Rider, di quelli che si opponevano alla guerra in Vietnam e che sognavano sul magic bus di Kabul. Con apparente paradosso, in Italia quelle voci di protesta e quelle istanze di rinnovamento degli orizzonti dei giovani non furono accolte dalla “sinistra” ufficiale, che tra Anni Sessanta e Settanta monopolizzava e regolava la vita culturale, bensì da “opposte” frange di sinistra e di destra. Ma, se la sinistra radicale aveva i suoi idoli nel Vietnam, in Cuba e nel Che Guevara, Tolkien divenne invece la bandiera di una esigua ma interessante pattuglia di destra, che ispirandosi soprattutto al pensiero antitotalitario e comunitarista della Nouvelle Droite di Alain de Benoist andava smarcandosi dallo sterile neofascismo del MSI ufficiale”.
Un acceso e silenzioso scontro
Nei decenni successivi avvennero due cose importanti:
- Si formano in Italia due fazioni fortemente contrapposte, guidate da associazioni che diventeranno presto punto di riferimento del fandom di Tolkien: cominciò una battaglia, soprattutto a colpi di pubblicazioni, saggi e discussioni sul web, per decretare a chi appartenesse Tolkien, se alla Sinistra o alla Destra;
- Le opere di Tolkien divennero crossmediali: arrivò nelle sale la trasposizione cinematografica del Signore degli Anelli, ad opera di Peter Jackson; la diffusione del merchandising e la creazione di giochi e videogiochi, portarono le storie di Tolkien ad essere alla portata di un pubblico molto più vasto, raggiungendo anche di quella parte per cui la scrittura dell’autore era troppo articolata ed ostica.
Giorgia Meloni: la premier “nerd” e la sua mostra di Stato
Da quando è in carica, la premier Giorgia Meloni ha cominciato sempre più frequentemente – nelle interviste, nei comizi, in alcune uscite pubbliche e nella sua autobiografia – a rimarcare la sua passione per Tolkien e a parlare dell’essere stata, da ragazza, una cosiddetta “nerd”. Il termine è usato nella maniera più impropria, di facciata, perché sappiamo che la cultura nerd è ben più complessa e articolata.
Partendo da un racconto di sé come persona, facendo leva su componenti affettive, ha poi utilizzato l’autore come fonte ispiratrice della sua linea di partito, fino a giungere ad una grande e costosa mostra di Stato – quindi a carico dei contribuenti – che, come evidenziato anche dalla stampa straniera – dal “Times” di Londra al “Guardian”, fino al “El Pais” – appare insolita se dedicata ad una figura che non la Nazione ha ben poco a che fare.
Un’ulteriore appropriazione fantasy della destra italiana, perpetrata ancora oggi da Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni, riguarda la manifestazione annuale Atreju, che prende il nome dal protagonista de La Storia Infinita dello scrittore tedesco Michael Ende. Una scelta osteggiata dagli eredi dell’autore, che hanno espresso pubblicamente il divieto di utilizzare il nome a scopi politici: “Un’opera d’arte appartiene a tutta l’umanità e non ad un gruppo politico. È incomprensibile che un movimento politico si sia impossessato di un’opera d’arte e la usi per i suoi scopi. Siamo grati ai lettori italiani che stanno protestando per questa strumentalizzazione”.
Anche in questo caso, come sottolineato dallo scrittore Roberto Saviano, i motivi per cui Atreju dovrebbe rappresentare la Destra appaiono incomprensibili: “Non vi è in nessuna parte de La Storia Infinita che possa lasciar intendere che ci sia una vicinanza spirituale o fattuale tra il personaggio Atreju con ciò che propugnano coloro che si identificano nella manifestazione politica di Fratelli d’Italia”
I motivi e i pericoli dell’appropriazione culturale
Se non vi sono stretti legami con il pensiero e la visione di un autore, perché appropriarsi dei suoi simboli? Ritorniamo alle motivazioni degli anni 70: creare un’immagine di facciata più pulita e lusinghiera e battere il proprio avversario politico, con riferimenti culturali oggi ancora più radicati e popolari grazie alla diffusione crossmediale avvenuta negli anni.
La gravità di appropriarsi indebitamente di questi simboli sta nell’imporre una mislettura veicolata, un travisamento della visione della realtà che nell’ambito della letteratura è un normale processo soggettivo, interpretativo, personale, ma in politica diventa strumentalizzazione propagandistica. Perché le parole sono importanti e se la mente ne capta una a cui attribuisce un significato positivo, si preparerà ad assumere eventi e messaggi in maniera positiva.
Purtroppo, gli autori non sono più tra noi per poter rispondere e l’appropriazione indebita del loro pensiero, che hanno voluto universale esprimendolo con l’allegoria del fantastico, risulta per questo ancor più di facile manipolazione.