La crisi climatica del XXI secolo colpisce le popolazioni in modo diseguale, con le comunità povere e razzializzate che soffrono in modo sproporzionato ciò che è stato definito razzismo ambientale. Questo fenomeno esacerba le disuguaglianze e sottolinea la necessità di politiche inclusive e intersezionali per promuovere la giustizia climatica.
La crisi climatica è una delle più grandi sfide del XXI secolo, colpendo tutte le nazioni e le popolazioni in modi diversi. Tuttavia, i suoi impatti non sono distribuiti equamente: alcune comunità affrontano un carico sproporzionato di effetti negativi.
Le comunità povere e soggette a discriminazione razziale sono doppiamente svantaggiate e subiscono maggiormente gli effetti del cambiamento climatico. Questo fenomeno è spesso definito “razzismo ambientale”.
Il termine “razzismo ambientale” è stato coniato negli anni ’80 dal dottor Benjamin Franklin Chavis Jr, che osservò come gli afroamericani vivessero in ambienti inospitali e fossero colpiti in modo sproporzionato da politiche e pratiche ambientali dannose.
Il razzismo ambientale è un termine utilizzato per descrivere come le popolazioni più povere e marginalizzate siano le più colpite dagli impatti ambientali negativi, come l’inquinamento, la contaminazione e i disastri naturali.
Si riferisce quindi alla distribuzione diseguale degli impatti negativi del degrado ambientale. Queste comunità, solitamente composte da popolazioni nere e latinoamericane, affrontano maggiori rischi per la salute, perdono l’accesso all’elettricità e al riscaldamento e incontrano difficoltà economiche nel riprendersi dopo eventi meteorologici estremi.
Nella pratica, la crisi climatica esacerba le disuguaglianze esistenti nella società, spesso radicate nel razzismo.
Queste popolazioni, spesso con minore potere politico ed economico, vivono in aree ad alto rischio, come le baraccopoli su pendii soggetti a frane. Questa situazione è il risultato non solo della geografia, ma anche di politiche storiche di segregazione e redlining. Queste politiche hanno indirizzato le comunità verso aree meno desiderabili e più pericolose, come le zone industriali, le periferie urbane e le aree con infrastrutture inadeguate, aumentando la loro vulnerabilità ai disastri naturali.
È anche importante notare che queste comunità sopportano un maggiore carico di inquinanti ambientali. Le aree abitate da minoranze razziali e persone a basso reddito tendono ad avere concentrazioni più elevate di inquinamento atmosferico, inquinamento dell’acqua e rifiuti tossici.
Ad esempio, in molte località, centrali elettriche, fabbriche e discariche si trovano vicino a queste comunità, aumentando la loro esposizione a sostanze inquinanti nocive. L’esposizione prolungata a questi inquinanti può portare a gravi problemi di salute come malattie respiratorie, cardiovascolari e tumori. Questi problemi di salute sono aggravati dagli effetti del cambiamento climatico, come le ondate di calore e gli eventi meteorologici estremi, che colpiscono in modo sproporzionato queste comunità.
La discriminazione razziale si manifesta anche nell’accesso diseguale alle risorse essenziali per adattarsi e mitigare gli effetti del cambiamento climatico. Risorse come finanziamenti, assicurazioni, infrastrutture resilienti e aiuti governativi sono spesso distribuite in modo iniquo, favorendo le popolazioni più privilegiate a scapito delle comunità marginalizzate.
Ad esempio, quando si verificano disastri naturali, le comunità appartenenti a minoranze razziali affrontano spesso ostacoli nell’accesso agli aiuti di emergenza e ai programmi di recupero. Inoltre, la mancanza di investimenti in infrastrutture resilienti nelle aree marginalizzate rende queste comunità più vulnerabili agli impatti della crisi climatica, perpetuando un ciclo di disuguaglianza e vulnerabilità.
Nel contesto internazionale, il razzismo ambientale si manifesta anche nelle relazioni diseguali tra il Nord e il Sud del mondo, risultato del colonialismo e dello sfruttamento imperialista. Nei paesi dell’America Latina, ad esempio, le conseguenze della competizione imperialista e dello sfruttamento delle risorse naturali e della manodopera ricadono in modo sproporzionato sulle popolazioni marginalizzate.
Movimento per la giustizia ambientale e politiche inclusive
Su scala globale, la giustizia climatica e la giustizia razziale sono questioni interconnesse. Le nazioni che contribuiscono meno alla crisi climatica sono le più colpite e, all’interno dei paesi in via di sviluppo, le disuguaglianze razziali e sociali determinano chi soffre maggiormente.
La lotta contro il razzismo ambientale sottolinea la necessità della partecipazione equa delle comunità marginalizzate nei processi decisionali ambientali. Pertanto, lo sviluppo di politiche di adattamento e mitigazione che tengano conto delle esigenze specifiche è cruciale per affrontare equamente le sfide poste dall’emergenza climatica. Queste politiche devono includere approcci integrati e diversificati che considerino le specificità di ogni comunità.
Un aspetto chiave è l’investimento nel miglioramento delle infrastrutture, poiché molte di queste aree soffrono della mancanza di sistemi di drenaggio efficienti, aumentando il rischio di inondazioni, e della carenza di spazi verdi, che potrebbero mitigare gli effetti delle ondate di calore. Investire nell’ammodernamento e nella manutenzione di queste infrastrutture ridurrebbe non solo i rischi associati ai disastri climatici, ma migliorerebbe anche la qualità della vita quotidiana delle popolazioni locali.
È anche essenziale garantire un accesso equo ai finanziamenti e alle assicurazioni. Le istituzioni finanziarie e le compagnie assicurative devono essere regolamentate per evitare discriminazioni basate sulla razza o sul reddito. Facilitare l’accesso a queste risorse è fondamentale affinché tutte le comunità possano prepararsi adeguatamente agli eventi climatici futuri e ricostruire dopo i disastri.
Come già accennato, la partecipazione comunitaria deve essere un pilastro centrale nella pianificazione e nell’implementazione delle politiche climatiche. Il coinvolgimento attivo delle comunità marginalizzate nelle decisioni che riguardano il loro futuro garantisce che le loro voci siano ascoltate e che i loro bisogni specifici vengano affrontati.
Processi partecipativi come consultazioni pubbliche, forum comunitari e comitati di pianificazione locale sono essenziali per sviluppare soluzioni veramente inclusive ed efficaci.
Questi approcci interconnessi promuovono una risposta più giusta e responsabile dal punto di vista ambientale al cambiamento climatico, riconoscendo e affrontando le disuguaglianze storiche che hanno esacerbato la vulnerabilità delle comunità marginalizzate.
Il Global Centre for Climate Justice è un grande esempio della lotta per la giustizia climatica, promuovendo politiche trasformative e affrontando le cause profonde della crisi climatica e dell’ingiustizia sociale.
Con un focus sull’educazione popolare, la ricerca originale, la costruzione di reti di movimento, la consulenza e la sensibilizzazione, il Centro adotta un approccio intersezionale per analizzare i legami tra sfruttamento di classe, razzismo sistemico, oppressione di genere e dominio politico. Il Centro enfatizza la necessità di soluzioni liberatorie e pratiche, sostenendo che è responsabilità della generazione attuale immaginare e creare un futuro migliore.
In sintesi, la lotta per la giustizia ambientale è essenziale per affrontare la crisi climatica in modo giusto e inclusivo. Il razzismo ambientale perpetua le disuguaglianze che aggravano gli impatti del cambiamento climatico sulle comunità marginalizzate. È quindi imperativo che le politiche di adattamento e mitigazione tengano conto delle esigenze specifiche di queste comunità, concentrandosi sul miglioramento delle infrastrutture, garantendo un accesso equo ai finanziamenti e alle assicurazioni e promuovendo la partecipazione attiva delle popolazioni colpite.
Attività complementari
1 – Guarda il film There’s Something in the Water (2019) – Diretto da Ian Daniel, Elliot Page.
2 -Leggi il libro Toxic Communities: Environmental Racism, Industrial Pollution, and Residential Mobility (2014) di Dorceta Taylor.