Storica manifestazione per il diritto alla casa a Barcellona. “Non è solo l’affitto: ci stanno cacciando dalle nostre città”
Barcellona è stata ancora una volta il teatro di una massiccia manifestazione che ha invaso le strade del centro cittadino per rivendicare qualcosa di basilare: una casa dignitosa. Organizzata dal Sindicato de Inquilinas (Sindacato degli Inquilini), la protesta ha riunito, secondo la Guardia Urbana, 22.000 persone (170.000 secondo l’organizzazione) per opporsi alla speculazione immobiliare e agli affitti esorbitanti, problemi che, invece di essere risolti, peggiorano di anno in anno.
Il corteo è iniziato in Plaza Universidad, dove sin dall’inizio si respirava un’atmosfera di indignazione e stanchezza accumulate, ma anche di forza collettiva. Con slogan come “Basta! Abbassiamo gli affitti” o “La casa è un diritto, non un privilegio”, la folla si è mossa attraverso le principali strade della città, fermandosi davanti a Casa Orsola, un edificio diventato simbolo della resistenza del quartiere contro i fondi avvoltoio. La manifestazione, sostenuta da oltre 4.000 organizzazioni, riflette la natura trasversale di un problema che colpisce tutte le classi sociali. Dai sindacati come CCOO e UGT alle associazioni di quartiere, femministe e culturali come Òmnium Cultural, ha mostrato come il conflitto abitativo sia strettamente legato ad altre lotte per i diritti fondamentali.
Queste richieste a Barcellona si inseriscono in un movimento nazionale che negli ultimi mesi ha guadagnato forza. Poche settimane fa, il 13 ottobre, Madrid ha visto svolgersi una delle più grandi manifestazioni per la casa degli ultimi anni. Allo stesso tempo, il 20 aprile, si è svolta una manifestazione alle Canarie con lo slogan “Canarias tiene un límite” (Le Canarie hanno un limite), evidenziando il legame tra la crisi abitativa e il sovraffollamento turistico. Queste mobilitazioni in tutta la Spagna riflettono un crescente malcontento per un problema strutturale che, come in Catalogna, colpisce principalmente i giovani e le persone con i redditi più bassi, rendendo la casa un tema centrale della lotta sociale.
Tra le principali richieste vi è la necessità urgente di ridurre gli affitti, poiché molte famiglie sono attualmente costrette a spendere più della metà del loro reddito per l’affitto. Si richiede anche l’introduzione di contratti di locazione permanenti per garantire la stabilità abitativa e la conversione di appartamenti vuoti e turistici in alloggi accessibili per i cittadini.
Queste richieste trovano un solido fondamento nei dati. Secondo l’ultimo barometro del Centro di Studi di Opinione (CEO, secondo il suo acronimo spagnolo), il 44,3% dei giovani catalani considera l’accesso alla casa il proprio principale problema. Questa cifra è la prova di una crisi strutturale che colpisce in particolare le giovani generazioni, spesso costrette a vivere in appartamenti condivisi o a dipendere dalle loro famiglie per mancanza di alternative. Ma il messaggio della manifestazione è andato oltre i numeri e i dati. “Non è solo che i prezzi sono esorbitanti, è che ci stanno cacciando dalle nostre città, dalle nostre vite”, ha denunciato uno degli oratori, mentre i partecipanti intonavano “No alle case senza persone, no alle persone senza casa!”.
Tra i manifestanti c’erano persone con storie che riflettevano l’urgenza di queste richieste. “Ho quarantacinque anni e ho vissuto tutta la vita nel quartiere di Sant Andreu. Dove andrò a finire?” ha chiesto Marta, una vicina colpita da un processo di gentrificazione.
Nello stesso spirito, Carlos, un giovane di 27 anni che condivide un appartamento con tre amici in condizioni precarie, ha aggiunto: “Voglio emanciparmi veramente da anni, ma non posso permettermi di pagare l’affitto da solo. Viviamo in una città che ci vende il successo ma non ci permette di vivere con dignità”.
Per Núria, madre di due figli che lavora nel settore alberghiero e della ristorazione, la situazione è insostenibile: “Guadagno 1.200 euro al mese e pago 900 euro di affitto. Come posso sfamare i miei figli? Non chiediamo il lusso, chiediamo giustizia”.
C’erano anche giovani che hanno partecipato per solidarietà, come Júlia, una studentessa di storia alla sua prima protesta per la casa: “La mia generazione sa che non potremo mai comprare una casa, ma non ci permettono nemmeno di affittarne una senza ipotecare la nostra vita. Questo deve cambiare.”
Oltre ai numeri e ai titoli, è stato evidente che la lotta per una casa dignitosa non si fermerà. Perché, come ripetevano gli striscioni durante il corteo, “La casa non è un lusso: è un diritto”. E a differenza di chi vede la casa come un investimento, sempre più persone la considerano incompatibile con ciò che dovrebbe essere: il pilastro fondamentale su cui costruire – e abitare – la propria vita.