Per comprendere appieno la situazione di cui andremo a parlare, è bene chiarire due concetti cardine del dibattito sulla disabilità, che sono fra loro complementari: quello di integrazione e quello di inclusione.
Integrazione e inclusività: concetti differenti e complementari
Secondo il più autorevole dizionario della lingua italiana:“Diversamente dall’integrazione, il cui focus primario è costituito dall’individuo in quanto segmento di una totalità organica distintamente delimitata, l’inclusività postula la costruzione di contesti resi sensibili alle diversità, al cui interno l’azione sociale assicuri a ciascun soggetto eguaglianza di dignità, potere e rappresentanza, nel pieno rispetto di orientamenti, competenze e attitudini individuali”.
Dunque, l’integrazione prevede il porre fisicamente insieme le persone e si realizza nella società nel suo complesso, ma non sempre concede le stesse possibilità di essere e agire.
Inevece, l’inclusione è rappresentata da un insieme di azioni che consentono a tutti, senza distinzione di alcun tipo, di essere cittadini attivi. Non è sufficiente integrare le diversità ma, a partire dalla ricchezza delle differenze, dare loro la possibilità di fare ed esistere.
Perraggiungere la piena inclusione, seguendo quanto è stato indicato dalla Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità,, bisogna agire in sinergia e la totale inclusione deve essere perseguita con l’intento di porre le fragilità al centro di ogni decisione presente e futura. Così facendo, diventeremo una società migliore e più equa nei confronti dei più deboli.
Le barriere sanitarie in Italia: l’indagine negli ospedali e nelle scuole
L’accessibilità agli ospedali e alle scuole è un diritto fondamentale che dovrebbe essere garantito a tutti, indipendentemente dalle capacità fisiche o cognitive. Tuttavia, uno sguardo attento alla realtà italiana rivela un quadro preoccupante: molte strutture ospedaliere e scolastiche nel Paese non sono adeguatamente attrezzate per accogliere e supportare le persone con disabilità.
Secondo uno studio condotto nel 2016 dalla onlus ‘Spes contro spem’,collaborazione con l’Osservatorio nazionale sulla salute nelle Regioni italiane dell’Università Cattolica di Roma, il 78% delle strutture ospedaliere italiane non prevede spazi di assistenza per le persone con disabilità intellettiva, motoria e sensoriale.
Ancora più preoccupante, solo il 29% degli ambulatori e dei reparti del Nord Italia e il 6,5% del Sud prevedono percorsi sanitari specifici per le persone con disabilità cognitiva.
Questo divario evidenzia una disparità significativa tra le regioni e sottolinea l’urgente necessità di interventi mirati per garantire un’assistenza equa e inclusiva a tutti i cittadini.
Le conseguenze di questa mancanza di accessibilità sono gravi: le persone con disabilità affrontano ostacoli significativi nell’accesso ai servizi sanitari, con lunghi tempi di attesa nei pronto soccorso e difficoltà nell’affrontare procedure diagnostiche e terapeutiche. Ciò non solo compromette il loro benessere fisico, ma contribuisce anche a un ulteriore isolamento sociale e ad un aumento del disagio emotivo. .
Inoltre, questa situazione evidenzia una profonda disparità tra il Nord e il Sud Italia, dove le persone con disabilità sono particolarmente svantaggiate nell’accesso ai servizi sanitari.
La mancanza di sensibilità e risorse da parte degli ospedali italiani per le esigenze dei pazienti disabili è un problema complesso che richiede un’azione urgente e coordinata. È fondamentale che le istituzioni sanitarie adottino politiche e pratiche inclusive che tengano conto delle diverse esigenze dei pazienti e garantiscano un’assistenza personalizzata e dignitosa. Questo potrebbe includere:
– l’implementazione di percorsi sanitari prioritari per le persone con disabilità;
– la formazione del personale ospedaliero sull’assistenza sensibile alle esigenze specifiche dei pazienti;
– l’installazione di attrezzature e tecnologie accessibili.
La situazione nelle scuole
Allo stesso modo, l’accessibilità delle scuole italiane rappresenta una sfida importante che l’Italia non sta riuscendo a gestire. Secondo un’indagine condotta dall’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), nell’anno scolastico 2022/2023,, il 42% degli istituti non è accessibile agli studenti con disabilità motorie e sensoriali:mancano mappe tattili e percorsi adatti per ciechi e ipovedenti, mentre la presenza di ausili tecnologici varia notevolmente tra le regioni.
L’indagine affronta numerose variabili che riguardano sia l’integrazione che l’inclusione. Nonostante si sia registrato un aumento del numero di presenze di alunni disabili – 338mila gli alunni con disabilità che frequentano le scuole di ogni ordine e grado, il 4,1% del totale degli iscritti +7% rispetto al precedente anno scolastico – el 50% delle scuole manca un ascensore,oppure è presente ma non è a norma; alte le percentuali anche per l’inadeguatezza dei bagni (26%); le gite di istruzione che prevedono il pernottamento vedono una partecipazione molto poco frequente (32%).
Migliora l’offerta di insegnanti per il sostegno (+10%). Il rapporto alunno-insegnante, pari a 1,6, è migliore di quello previsto dalla legge, ma tra gli insegnanti 1 su 3 non ha una formazione specifica e il 12% viene assegnato in ritardo.
Ancora forte la discontinuità nella didattica: il 60% degli alunni con disabilità cambia insegnante per il sostegno da un anno all’altro, il 9% nel corso dello stesso anno scolastico. Questo crea ostacoli significativi all’istruzione e all’inclusione sociale degli studenti con disabilità e sottolinea la necessità di un impegno maggiore per garantire l’accesso equo all’istruzione per tutti.
Disabilità e inclusione: l’Italia sotto la lente dell’OCSE
Recentemente, le sfide di lunga data che si trova ad affrontare l’Italia sono state oggetto di un’indagine per verificare a che punto si trovi la riforma della politica sulla disabilità.. Come rivelato dal report dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) intitolato“Disabilità, lavoro e inclusione in Italia: una migliore valutazione per una migliore assistenza”“, sussistono tre principali problemi:
– le incongruenze con la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità;
– la frammentazione della valutazione e del supporto alla disabilità;
– le conseguenti disparità tra le regioni italiane nell’offerta di servizi e nell’utilizzo delle prestazioni per la disabilità.
Gli indicatori sociali e sul lavoro per le persone con disabilità in Italia, poi, risultano ambivalenti e complessi da interpretare: sebbene i divari occupazionali e di povertà tra persone con e senza disabilità siano relativamente bassi e inferiori alla media OCSE, ciò non è dovuto a una maggiore occupazione o a minori tassi di povertà tra le persone con disabilità. Piuttosto, questi divari più bassi sono causati da bassi livelli di reddito e occupazione anche per le persone senza disabilità, sottolineando la necessità di ulteriori riforme per migliorare i risultati sociali e occupazionali per tutte le persone in Italia, comprese quelle con disabilità.
Inoltre, sebbene vi siano prestazioni e servizi per la disabilità, il loro utilizzo rimane basso a causa della complessità del sistema e della mancanza di risorse. Molte persone escluse dai supporti sono particolarmente vulnerabili e affrontano ostacoli significativi nell’accesso al lavoro e all’integrazione sociale.
Vi è poi una situazione di confusione e disuguaglianza causata dalle differenze nella valutazione della disabilità, sia tra le regioni che all’interno delle stesse. Attualmente, l’ordinamento italiano prevede cinque diverse valutazioni dello stato di disabilità in parallelo, rendendo il sistema inefficiente e difficile da comprendere.
La valutazione dei bisogni, che determina l’accesso ai servizi, presenta notevoli variazioni tra le diverse aree del Paese, con una forte attenzione ai bisogni reali delle persone con disabilità. Tuttavia, le due principali valutazioni – del grado di invalidità civile e dei bisogni – sono scollegate tra loro.
La recente legge delega indica la necessità di una riforma della valutazione della disabilità, con l’integrazione della Scheda per la valutazione della disabilità dell’OMS (WHODAS) per garantire una valutazione più accurata e multidimensionale.
Per rendere le politiche sulla disabilità più efficienti ed efficaci, il Governo dovrebbe considerare diverse azioni, tra cui l’unificazione delle valutazioni dello stato di disabilità, l’utilizzo dei punteggi WHODAS per segnalare le discrepanze tra le dimensioni mediche e funzionali della disabilità, la riduzione della discrezionalità nella valutazione della disabilità e il potenziamento dei Punti Unici di Accesso per aiutare le persone con disabilità a orientarsi nel sistema.
Inoltre, è essenziale ridurre le disparità territoriali migliorando la capacità di fornire servizi efficaci nelle regioni meridionali e dando priorità all’integrazione delle persone con disabilità nel mercato del lavoro.
In conclusione, migliorare l’accessibilità e l’inclusione è non solo un imperativo sociale, ma anche un’opportunità per costruire una società più giusta, equa e solidale per tutti i suoi cittadini. È tempo che l’Italia si impegni seriamente a superare le barriere materiali e culturali che ancora persistono e a creare un futuro in cui ogni individuo abbia la possibilità di realizzare il proprio pieno potenziale, indipendentemente dalle proprie capacità fisiche o cognitive.