Le condizioni lavorative inadeguate aggravano i problemi di salute mentale o aumentano la probabilità di svilupparli, specialmente tra i giovani e i gruppi vulnerabili.
L’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro definisce il lavoro precario come un impiego “non standard, atipico o alternativo, caratterizzato da bassa retribuzione, insicurezza e mancanza di protezione, rendendolo incapace di sostenere una famiglia”.
Inoltre, questo tipo di lavoro è spesso associato a forme come l’impiego part-time, stagionale e occasionale, l’autoimpiego, i contratti a tempo determinato, il lavoro temporaneo, su richiesta, da casa e tramite agenzie. Tuttavia, in Spagna, avere un lavoro permanente o a tempo indeterminato non garantisce necessariamente stabilità. Come evidenziato dal rapporto “La situazione della salute mentale in Spagna”, pubblicato dalla Confederazione SALUD MENTAL ESPAÑA e dalla Fondazione Mutua Madrileña: “Sebbene la precarietà lavorativa sia solitamente associata a impieghi con condizioni specifiche e contratti temporanei o part-time, può verificarsi anche in forme di impiego più stabili, come i contratti a tempo indeterminato e a tempo pieno”. Tra le questioni citate figurano le condizioni lavorative sensibili e la mancanza di una regolamentazione adeguata, come il mancato rispetto delle normative vigenti.
Il costo emotivo della precarietà
Gli stipendi, le condizioni di lavoro, le pause, l’irregolarità degli orari e le difficoltà nel conciliare vita lavorativa e personale sono fattori chiave che non solo contribuiscono alla precarietà, ma hanno anche un impatto diretto sulla salute mentale dei lavoratori. Queste condizioni influenzano aspetti fondamentali come la stabilità economica, il benessere generale e la salute. Sono inoltre strettamente legate a rischi psicosociali, come l’insicurezza lavorativa, il sovraccarico di lavoro, i ritmi e l’organizzazione dell’impiego e il controllo sui compiti e lo sviluppo professionale. Tutto ciò mina qualsiasi equilibrio tra vita personale e lavorativa: la precarietà lavorativa e la salute mentale sono questioni interconnesse.Secondo l’Indagine Europea sulla Salute in Spagna (2020), maggiore è la precarietà lavorativa, maggiore è il rischio di sviluppare problemi di salute mentale, come la depressione. secondo il rapporto “Precarietà Lavorativa e Salute Mentale” (PRESME), tra la popolazione attiva sono stati registrati 511.000 casi di depressione, di cui 170.000 avrebbero potuto essere evitati se queste persone avessero avuto impieghi più stabili.
Maggiore vulnerabilità per i più vulnerabili
Il rapporto, sottolinea che la precarietà lavorativa colpisce particolarmente giovani, migranti e donne. Per anni si è creduto che ottenere un’istruzione superiore fosse sinonimo di stabilità lavorativa, ma questa idea si è rivelata un’illusione. Secondo il PRESME, la percentuale di lavoratori precari con istruzione primaria è diminuita – dal 14,9% nel 2007 al 5,8% nel 2022 -, ma il numero di dipendenti con istruzione secondaria e superiore in situazioni di precarietà è aumentato notevolmente, passando dal 54,4% al 66,7%.
La precarietà lavorativa è strettamente collegata alla precarietà sociale, che comprende difficoltà economiche e problemi di accesso alla casa. Questa situazione è ulteriormente aggravata dalla discriminazione nell’ambiente di lavoro, sia nella ricerca sia nel mantenimento dell’impiego, colpendo in particolare i gruppi vulnerabili, come la comunità LGTBIQ+. Più della metà delle persone trans (54%) è stata vittima di molestie o discriminazioni sul lavoro a causa della propria identità di genere. Inoltre, il 37% delle persone trans intervistate ha subito discriminazioni nella ricerca di un impiego, mentre il 27% le ha vissute sul posto di lavoro. Le circostanze sociali, come il genere, l’età, la razzializzazione o la situazione migratoria, contribuiscono a una discriminazione aggiuntiva che incide negativamente sulla salute e il benessere di queste persone. I giovani, i disoccupati o coloro che appartengono a settori socioeconomici più bassi sono i più esposti a questi abusi, il che li rende più inclini a sviluppare problemi di salute mentale.
Anche il panorama salariale per i giovani non è incoraggiante, e l’oppressione economica non favorisce il benessere. Secondo l’INE, lo stipendio lordo medio per i giovani sotto i 25 anni nel 2022 è stato di 1.315,4 euro, mentre per quelli tra i 25 e i 34 anni è salito a 1.850,5 euro. In questo scenario, molte famiglie sono state costrette a sostenere economicamente i propri figli, condannati alla dipendenza per sopravvivere – oltre a necessitare di un ambiente con un’economia minimamente stabile. Uno studio della Fondazione BBVA mostra che il 37% dei genitori sopra i 60 anni ha aiutato i propri figli con spese quotidiane o le bollette di casa, e il 51% li ha sostenuti per poter diventare indipendenti. Inoltre, il 18% di questi genitori ha offerto sostegno economico anche ai propri nipoti.